Banca d’Italia Roma sapeva da febbraio della Popolare di Bari
Dice Banca d’Italia, Roma sapeva! Bankitalia si difende così dalle accuse e spiega perché il salvataggio si deve fare ad ogni costo a tutela di chi risparmia ma anche del territorio e dell’occupazione. La liquidazione della Banca Popolare di Bari, che da questo venerdì è sotto commissariamento, “avrebbe rilevanti ricadute su economia e risparmio locale”. Secondo la Banca d’Italia si potrebbe verificare una piccola crisi contagiosa di sfiducia in altre piccole banche del territorio. In questo documento Bankitalia spiega che il Governo italiano sapeva.
Banca d’Italia Roma sapeva
Banca d’Italia – In una lunga nota la Banca d’Italia spiega, Roma sapeva, il Governo italiano sapeva da febbraio 2019 della gravità della situazione della Banca Popolare di Bari. Il salvataggio era inevitabile. In questo documento Bankitalia ripassa le tappe vissute dalla banca pugliese e chiarisce tutto.
Nella prima metà del 2019, in numerosi incontri svoltisi in rapida successione, la Vigilanza sottolinea agli esponenti aziendali la necessità di preservare la coesione nella governance in una fase particolarmente delicata per la banca. Inoltre, in vista del parziale rinnovo del Cda, nel maggio 2019 la Banca d’Italia trasmette una lettera di intervento al Collegio sindacale e al Cda per sottolineare la necessità di inserire nel Cda elementi dotati di autorevolezza, reputazione e adeguati requisiti di esperienza. Il Cda registra un parziale rinnovo a fine luglio 2019. Il 18 giugno 2019 vengono avviati presso la capogruppo accertamenti ispettivi di vigilanza a spettro esteso.
L’ispezione si concentra in una prima fase sul ricambio della governance, avvenuto a fine luglio, per poi passare all’analisi della qualità del credito. I risultati, ufficializzati a dicembre, evidenziano l’incapacità della nuova governance di adottare con sufficiente celerità ed efficacia le misure correttive necessarie per superare la stasi operativa e riequilibrare la situazione reddituale e patrimoniale della BPB. Emergono inoltre gravi perdite patrimoniali che portano i requisiti prudenziali di Vigilanza al di sotto dei limiti regolamentari.
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La prova che Banca d’Italia Roma sapeva
Banca d’Italia – Bankitalia fa sapere tutto quello che è accaduto, una specie di cronistoria della Banca Popolare di Bari: che va dal 2010 a oggi, e aggiunge;
Nel corso del periodo descritto continui sono stati gli scambi informativi con la Consob, documentati in numerosi resoconti di incontri e in una ventina di lettere formali. Numerose e continue sono state inoltre le interlocuzioni con l’Autorità giudiziaria. L’aggravamento della situazione aziendale della Popolare di Bari è stato più volte portato all’attenzione anche del Ministro dell’Economia (lettere del 27 febbraio, 3 maggio, 2 ottobre e 26 novembre 2019).
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Necessario intervento del Governo
Banca d’Italia – Alla nota di Bankitalia va aggiunto questo approfondimento, sempre redatto dalla Banca d’Italia che sottolinea il motivo per cui sia stato necessario l’intervento del governo per la Popolare di Bari. Necessario l’intervento del governo italiano per i risparmiatori, per i territori di riferimento dell’istituto bancario pugliese e per l’impatto in termini di occupazione in caso di liquidazione.
Alla banca fanno capo poco meno di 600.000 clienti, tra cui oltre 100.000 aziende; a queste ultime è riferibile circa il 60% degli impieghi (intorno a 6 miliardi di euro). I depositi da clientela ammontano a 8 miliardi, di cui 4,5 miliardi di ammontare unitario inferiore a 100.000 euro e come tali protetti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD). La banca ha quote di mercato significative, nell’intorno del 10%, sia degli impieghi sia della raccolta, in Puglia, Basilicata e Abruzzo. Il radicamento capillare della banca e la sua natura di cooperativa sul territorio hanno determinato l’ampia diffusione degli strumenti finanziari emessi dalla banca.
Il numero dei soci è pari a 70.000 circa, con quote di partecipazione mediamente pari a 2.500 azioni, corrispondenti a 5.900 euro, considerando l’ultimo prezzo rilevato sul mercato Hi-MTF prima della recente sospensione (2,38 euro). Le obbligazioni della banca (senior e subordinate), pari nel complesso a 300 milioni di euro, sono per oltre i due terzi in mano a privati e clientela al dettaglio. Nell’ipotesi in cui si dovesse pervenire a uno scenario liquidatorio con rimborso dei depositanti (senza cessione di attività e passività ad un altro intermediario), le ricadute del dissesto sarebbero assai rilevanti, sia sul tessuto economico sia sul risparmio locale. La liquidazione implicherebbe innanzitutto l’azzeramento del valore delle azioni che esacerberebbe il contenzioso legale con i soci, già elevato a motivo delle modalità di collocamento degli aumenti di capitale 2014-15 (550 milioni, quasi integralmente sottoscritti da clientela al dettaglio), ritenute dalla Consob non coerenti con la normativa sui servizi di investimento e da essa sanzionate. Subirebbero la stessa sorte anche i prestiti subordinati (ca. 290 mln, di cui 220 mln collocati a clientela al dettaglio) Sulla base di prime stime, verrebbero inoltre colpiti integralmente i creditori chirografari e i depositi eccedenti i 100.000 euro non riconducibili a famiglie e piccole imprese, con il rischio che siano colpiti, in quota parte, anche quelli superiori a 100.000 euro facenti capo a tali ultimi soggetti. Il FITD dovrebbe effettuare rimborsi a favore dei depositanti protetti per un importo complessivo di 4,5 mld di euro circa, a fronte di una dotazione finanziaria che a dicembre 2019 sarà pari a 1,7 mld. Ciò implicherebbe l’esigenza di attivare integralmente il finanziamento per 2,75 mld. sottoscritto nell’agosto 2019 dal FITD con un pool di banche e finalizzato a fornire prontamente al Fondo risorse per i rimborsi. Per la restituzione del finanziamento potrebbe essere necessario il ricorso a contribuzioni straordinarie a carico del sistema bancario, che determinerebbero perdite significative.
La cessazione dell’attività della banca implicherebbe il blocco dell’operatività con forte pregiudizio della continuità di finanziamento di famiglie e imprese; gli impatti sul territorio sarebbero considerevoli, anche alla luce della cospicua quota degli impieghi erogati dalla banca nelle regioni di insediamento. Anche gli impatti occupazionali (circa 2.700 dipendenti) sarebbero rilevanti e difficilmente assorbibili dalla debole economia locale. La crisi della BPB potrebbe inoltre incrinare la fiducia dei depositanti di altre piccole banche locali, innescando un effetto contagio. Tutto ciò rende di fatto non praticabile una liquidazione dell’intermediario senza cessione di attività e passività; quest’ultima opzione richiede l’individuazione di una banca interessata ad acquisire il compendio aziendale e ciò potrebbe risultare particolarmente problematico a causa delle difficili condizioni economiche dell’area di insediamento e della situazione dell’azienda. La cessione di attività e passività sarebbe comunque impossibile (per carenza di controparti interessate) senza un consistente aiuto di Stato a fondo perduto, al fine di coprire lo sbilancio di cessione e, in funzione delle richieste del cessionario, anche gli oneri di riorganizzazione e il fabbisogno di capitale a fronte degli assorbimenti patrimoniali da parte delle attività acquisite, secondo lo schema della liquidazione delle banche venete.
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