Gli sport elettronici stanno diventando una realtà molto importante, tale da raggiungere numeri paragonabili a quelli delle discipline più classiche e tradizionali. I cosiddetti “eSports” vengono individuati nelle competizioni prettamente videoludiche, che ormai hanno toccato livelli di elevato agonismo professionale. D’altro canto, i videogame sono sempre più sofisticati e anche loro richiedono abilità particolari per eccellere.
La storia degli sport elettronici
A rientrare nella categoria degli sport elettronici sono soprattutto i titoli multiplayer come gli sparatutto o i picchiaduro. Anche per questo motivo si è discusso spesso su quanto fosse corretto considerare queste gare come degli sport propriamente detti, ma la dimensione del fenomeno è ormai internazionale. Gli eventi più importanti sono rappresentati dal World Cyber Games, dall’Electronic Sports World Cup e dal DreamHack, ma da diverso tempo si parla anche dell’introduzione degli eSports alle Olimpiadi. Insomma, ormai non si può più nascondere la popolarità dei tornei sui videogiochi.
In realtà, la prima vera competizione videoludica coincide con un torneo di “Spacewar!” tenutosi nel dicembre del 1972 all’Università di Stanford, negli Stati Uniti. In palio c’era un abbonamento alla rivista Rolling Stone, che promuoveva l’evento. Solo 2 anni più tardi, in Giappone, si svolse invece un torneo nazionale sponsorizzato dalla SEGA, che poi diventò la rivale della Nintendo nella “console war” più memorabile di sempre. Con l’avvento di Internet, nei primi anni 2000 era già possibile sfidarsi online in determinati titoli. Nel 2014 fu Rob Pardo, uno dei padri di “World of Warcraft”, a suggerire per primo l’idea di inserire gli eSports nel programma olimpico.
Il dibattito sulla regolamentazione degli eSports
In molti sono dell’idea che la preparazione e l’impegno dei gamer non abbia troppo da invidiare a quelli degli atleti veri e propri. Tuttavia, in un primo momento il CIO non si è detto troppo entusiasta in merito ad uno scenario del genere. In Germania si pensa che iniziative di questo tipo possano diventare un manifesto alla violenza e alla discriminazione e che gli sport elettronici meriterebbero perlopiù l’appellativo di “eGaming”.
Anche in Italia, dove manca ancora una regolamentazione precisa al riguardo, il discorso è controverso. Proprio lo scorso ottobre è stato presentato dall’Osservatorio Italiano Esports alla Camera dei Deputati il primo White Paper sugli eSports, con tanto di pareri di oltre 70 esperti del settore. L’intento sarebbe quello di far conoscere ancora di più gli sport elettronici anche nello Stivale, mediante 10 proposte avanzate ai deputati su 7 aspetti diversi. Tra questi rientra proprio l’argomento della regolamentazione. Per la prima volta, quindi, gli sport elettronici sono arrivati direttamente in Parlamento. Anche l’Italia potrebbe attivarsi presto o tardi nella promozione degli eSports, che in parte sono già stati approvati dal CONI.
L’applicazione del concetto di sport virtuale
A questo punto non ha senso far finta che gli sport elettronici non esistano. La macchina economica azionata dai tornei di videogame produce un indotto di miliardi di dollari all’anno. Il concetto di sport, comunque, viene applicato d’altronde anche a ben altri contesti, come quello dei giochi di carte. Basta consultare un sito di poker o altri giochi di carte o di giochi di tavolo come il Risiko per rendersi conto che esistono giocatori che si divertono a competere a distanza. Non a caso nel tempo si è sviluppata anche una forma di poker sportivo. Insomma, lo sport virtuale sarebbe possibile e inevitabilmente c’è chi storce il naso. Con tutta probabilità, le Olimpiadi potrebbero accettare solo alcuni specifici generi di attrazioni virtuali per ampliare il vasto programma delle discipline. La questione etica non verrebbe comunque archiviata. La forma fisica sembra passare in secondo piano quando c’è di mezzo l’agonismo e quello che per molti appare come un dettaglio marginale rimarrà fonte di dibattito ancora a lungo.